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BECCATO IN FALLO, 1 - Trappola per un vergine


di Foro_Romano
28.06.2023    |    24.402    |    20 9.5
"Dalle mani grandi e dai muscoli tonici..."
E’ strano come certe volte il fato stravolge le nostre aspettative, i nostri desideri. Abbiamo in mente una tipologia ben precisa di partner e finiamo per innamorarci di qualcuno diverso, in tutto od in parte, dai canoni estetici che ci siamo prefissati.
“Mamma, domani ci sono le interrogazioni. Vado con Attilio a casa di Luigi così ripassiamo insieme”.
“Va bene, caro, ma cerca di tornare per cena. Non farci preoccupare”.
“Si, si, certo, ci sarò”. Chiuse la porta di casa e si avviò verso casa del compagno di classe. Non doveva portare libri perché avrebbero studiato su quello di Luigi. Era il primo pomeriggio di una bella giornata di maggio. Il cielo era limpido e l’aria tiepida. Era bello fare quattro passi fino a casa dell’amico, che poi non era molto distante. La materia che avrebbero ripassato non lo preoccupava. In verità non lo era nessuna materia perché, seppure non era mai stato il primo della classe, si trovava sempre in buona posizione. Un bravo ragazzo sotto tutti i punti di vista. Oltre che molto grazioso. Piccolino di statura e minuto, dai capelli folti e neri, con due occhi profondi dalle pupille vispe ed anch’esse nere.
Era all’ultimo anno delle superiori e da poco maggiorenne, come anche i suoi amici più stretti. Le loro date di nascita erano talmente vicine che avevano deciso di fare, ogni anno, un’unica grande festa di compleanno. A parte le caratteristiche fisiche, l’unica cosa che lo distingueva da loro era la sua attrazione verso gli uomini, specialmente quelli maturi. Il suo sogno era diventare l’amante di qualcuno grande, bello, ricco e potente e non solo nella società ma anche a letto. Sarebbe stato orgoglioso di sottomettersi a lui e poter essere di sfogo al suo piacere. Purtroppo non aveva ancora trovato un uomo così e non lo vedeva neppure all’orizzonte. Era vergine e lo sarebbe stato ancora chissà per quanto. Nella solitudine della sua stanza quante seghe si era tirato immaginandoselo una volta così, un’altra volta diverso, ed ancora diverso un’altra volta ancora, ma sempre potente e dominante su di lui. Un vero maschio alfa. Quanta sborra aveva spruzzato pensando a quella, più abbondante, da cui si sarebbe fatto volentieri riempire il culetto.
I tre amici erano inseparabili fin dal primo anno di quella scuola. Si erano trovati molto affiatati sin da subito ma, dei due, solo con Luigi si era aperto fino a confidargli quel suo segreto. Si fidava completamente di lui. Era certo che non lo avrebbe mai sputtanato e la sua fiducia si era sempre dimostrata ben riposta. Lo aveva detto a Luigi un giorno che se ne sentiva in vena, ma non era alcuna sua intenzione di provarci con lui. Sapeva che quello era etero convinto. Sicché erano arrivati a scambiarsi reciprocamente i giudizi su donne e uomini in cui si imbattevano e si divertivano a fare battute scherzose sui desideri dell’uno e dell’altro.
Il pomeriggio lo passarono veramente a studiare. Alla fine dell’anno avrebbero avuto l’esame di diploma ed erano intenzionati a superarlo. Attilio era il più coriaceo a comprendere ma, alla fine, dopo essersi interrogati a vicenda, poteva anche lui dire di esserci riuscito bene, grazie all’aiuto dei due amici. Così, tutto contento, fu il primo a tornarsene a casa, lasciando Guido a casa di Luigi.
“Si, tra poco vado via pure io. Non posso far tardi per cena”.
“Ok, allora ci si vede domani a scuola”.
“Ciao Attilio, a domani”. Rimasti loro due…
“Luigi, ho bisogno di dirti una cosa”.
“Dilla pure, ma credo di aver già capito di che si tratta”.
“Ah si? E sarebbe?”
“Ti piace William”.
“L’hai capito? E come hai fatto?”
“Ho visto da come lo guardi, da come ti rivolgi a lui quando gli parli. Ormai ti conosco troppo bene”.
“Non so, non riesco a capire che mi succede. Si vede così tanto? Spero che non se ne sia accorto nessun’altro”.
“Spera piuttosto che se ne accorga lui”.
“Eppure non rispecchia quello che vado cercando”.
“Forse non rispecchia l’età ma tutte le altre caratteristiche ce l’ha”.
William era un ragazzo che si era aggiunto alla sua classe da poco tempo. Era di un anno più grande perché, per il lavoro del padre era stato spostato spesso da uno stato all’altro. Il padre era un diplomatico americano di origini italiane. Il ragazzo era nato in America ma parlava bene la lingua italiana perché, sin da piccolo, andava in vacanza dai nonni paterni. Era un ragazzone alto e dal fisico perfetto. Spalle larghe da rugbista, sport che praticava con successo. Un sorriso largo che mostrava degli splendidi denti bianchi. Dalle mani grandi e dai muscoli tonici. Spigliato e fascinoso.
Guido aveva un giubbino di jeans con in bottoni automatici. Gli piaceva allacciarseli tutti e fare una lotta scherzosa con William che finiva sempre quando quello, con forza, lo strattonava e si potevano sentire tutti i bottoni aprirsi a raffica, quasi che lo stesse violentando. Giochi innocenti che, però, nascondevano, neppure tanto velatamente, il suo desiderio di subire la forza di un maschio.
“Provaci. Ti potrebbe andar bene”.
“No, non me la sento. Potrebbe pure prenderla a male e allora sono fritto”.
“Guarda che, invece, mi sembra che anche lui ti guardi con interesse. Anzi, mi pare proprio che ci abbia provato con te ma tu non hai raccolto”.
“Dici? Si, forse, mi è sembrato, ma ho paura”.
“E dai, provaci alla prima occasione. Sono sicuro che ti andrà bene. Fatti coraggio”.

Un paio di giorni dopo fu invece William a fare un passo.
“Ciao Guido. Un mio zio ha una casetta in riva al lago qui vicino, ai margini di un bosco, e vorrei andarci a rilassarmi questo fine settimana. Ti va di farmi compagnia? Vedrai, è un posto molto bello e silenzioso. Immerso nella natura”.
Memore del discorso avuto con Luigi e deciso a prendere la palla al balzo, rispose subito di “Si. Ma tuo zio è d’accordo?”
“Ma certo. Lui non ci va quasi più perché i figli sono ormai grandi, hanno la nostra età, più o meno, e preferiscono andare per conto loro e lui rimane a casa con la moglie. Mi ha dato le chiavi e mi ha lasciato campo libero”.
Guido era entusiasta di stare qualche giorno solo col ragazzo che gli piaceva tanto. Chissà se la fortuna ci avesse messo lo zampino. Si era allenato parecchie volte a fare bocchini a Luigi, che accettava volentieri di scaricare le sue voglie giovanili nella bocca dell’amico, con soddisfazione di tutti e due, senza compromessi sentimentali che nessuno dei due desiderava. Per la sua bocca erano passati anche alcuni, pochissimi, ragazzi coetanei di altre classi che non avevano certo intenzione di farlo sapere in giro. Insomma, aveva maturato una certa esperienza, ma il suo culetto lo avrebbe dato solo a qualcuno veramente desiderabile.

Quel fine settimana Wiliam passò a prenderlo con la sua utilitaria e lo condusse in un posto veramente bellissimo, oltre ogni sua aspettativa. Erano realmente immersi nella natura, come gli aveva detto, dove il silenzio era rotto solo dagli stridii degli uccelli e dalla risacca del lago. Era un posto veramente romantico che gli intenerì lo spirito e gli predispose la mente a chissà quali fantasie.
Ma le fantasie superarono sé stesse appena entrati dentro quella baita di legno. William, senza mezzi termini, gli fu addosso e lo spinse verso la parete, regalandogli un dolcissimo bacio con la lingua in esplorazione dentro la sua bocca. Guido non si aspettava un simile approccio così diretto e si sciolse tra le braccia forti dell’amico in quel bacio che non sembrava terminare mai. Quando le labbra si staccarono, William rimase addosso a lui e lo accarezzò teneramente sulla guancia, Erano viso contro viso.
“Mi sei piaciuto dal primo momento e credo di non esserti indifferente”. Guido non credeva alle proprie orecchie.
“Io… Per me… Ecco… Si, è vero, anche tu mi piaci e…”
Un altro bacio profondo lo interruppe e gli tolse il fiato. Da quel momento furono solo carezze e baci a fior di labbra, mentre i vestiti sparivano uno ad uno. Ora la camicia sbottonata indossata da uno veniva sfilata dall’altro, ora i pantaloni e le mutande di questo venivano sfilati dal primo. Rimasero nudi, avvinghiati, sul tappeto del salotto. Rotolavano, si palpavano, il desiderio crebbe rapidamente. Guido si abbassò sul membro dell’amico e lo prese in bocca con tutta l’intenzione di donargli il miglior pompino che avesse fatto nella sua vita. Era un cazzo notevole sia in lunghezza che in larghezza ma, quando William lo ribaltò mettendolo prono e gli si distese sopra per ficcarglielo dentro, non oppose alcuna resistenza. Sentiva che lo voleva con tutto sé stesso, senza porsi alcun dubbio a causa del dolore che avrebbe provato. Ma non ne provò affatto, tanto era grande il suo desiderio di perdere la verginità con la persona giusta. Il duro bastone, turgido, venoso, gli entrò dentro lentamente. Sembrava non finire mai finché arrivò in fondo, si fermò per farlo abituare, tornò indietro un po' per riaffondare nella tenera carne che non aveva mai provato, fino ad allora, tanto piacere. Ancora in avanti, ancora più indietro, ancora più avanti, sempre più velocemente.
“Ohhh, tesoro, sei mio, sei mio…”
“Si William, sono tuo, prendimi, scopami forte”.
“Ecco, si, si, ti scopo, ti scopo piccolo, ti scopo tutto. Ti piace?”
“Ahhh, si, mi piace. Più forte, più forte, ti prego”. Il ritmo prese una marcia elevata.
“Va bene così, puttana? Perché adesso sei la mia puttana, vero?”
“Si, si, sarò sempre la tua puttana, la tua troia. Fottimi, fottimi forte”.
Inaspettatamente William si sfilò. “Nooo, nooo, ancora, ancora”.
“Certo tesoro, ancora”. Lo girò verso di lui, gli sollevò le gambe, glielo riaffondò dentro in un colpo solo. Si sdraiò su di lui e prese a fotterlo con forza, come una furia, senza controllo. Lo sverginò con veemenza, gli scassò il buco con impeto. Tra i grugniti di uno ed i guaiti dell’altro, dettero sfogo al loro desiderio e finalmente, quando tutta la sborra accumulata venne scaricata nel più profondo di quelle viscere, lo rese pienamente femmina.
Rimasero immobili, abbracciati, anche quando il membro si sfilò, viscido, da quell’antro di piacere, umido di sperma fresco e profumato, per riprendere fiato e tornare alla realtà. Ma la realtà fu, inaspettatamente, più terribile del previsto.

“Ma bravo il mio William. Vedi Aurelio, che ti avevo detto? A questo gli serviva la tua casetta sul lago!”
“Ma certo, Germano, era chiaro. Solo che non si trattava di una ragazza ma di un bel cuccioletto da sverginare”.
Sulla porta della stanza erano due figure di maschi sui cinquant’anni. Alti, possenti, molto pelosi. Uno, roscio, con la barba e l’altro con dei folti baffi. Dovevano aver assistito a tutta la scena perché avevano avuto tempo di denudarsi e di eccitarsi anche loro, stando alle due grosse mazze dure che ostentavano senza vergogna.
“Papà… zio… ecco… io… noi…”
“Non hai bisogno di spiegare niente, William”. Il padre, il barbuto, si fece più vicino e afferrò Guido da sotto il mento, sollevandogli la testa abbassata per la vergogna. “Questo puledrino ne valeva proprio la pena. Vero Aurelio? Sei d’accordo?”
“Hai proprio ragione, fratello. Abbiamo visto quanto gli è piaciuto farsi fottere questo suo tenero culettino. Adesso, però, è venuto il nostro turno di godercelo” e fece l’occhiolino all’altro.
“Certo e sono sicuro che i nostri cazzi maturi gli piaceranno ancora di più”.
Germano prese Guido per i piedi e Aurelio, il baffuto, per le braccia, immobilizzandolo. William rimase immobile, non sapendo che fare. Il barbuto afferrò il ragazzo per le caviglie alzandogliele e aprendogli le gambe tese. Puntò l’enorme verga eccitata al buco ancora aperto e umido e sprofondò dentro con brutalità per una buona metà, spanandolo ancora di più. L’adolescente lanciò un urlo. Questa volta era vero dolore. L’altro gli si mise a cavalcioni sul viso e gli riempì la bocca coi suoi grossi coglioni pelosi.
Eccitato anche lui come una bestia, disse al fratello: “Sfondalo, sfondalo, che aspetti?”
Infatti non aspettò neppure un secondo e, con un’altra spinta brutale, piantò tutta la trave nodosa nel corpo del ragazzino che smise di divincolarsi. Il dolore che provava, pur non scomparendo, fece spazio all’immenso piacere di essere posseduto da un vero animale da monta. Le urla soffocate si trasformarono in gemiti di godimento e la piccola lingua cominciò a lappare di gusto le palle che gli pesavano sulle labbra. Il maschio prese a sodomizzarlo con ferocia, godendo di quel budello giovane ed elastico.
Venne rivoltato a pecora ed i due uomini si alternarono per un bel po' a straziare senza sosta bocca e culo del ragazzino, che ormai era in uno stato di godimento perenne, mentre lo coprivano di insulti e volgarità, una più piacevole dell’altra.
“Prendi ‘sto cazzo, lurida cagna rottainculo; puttana; scrofa; finocchietto pigliainculo; zoccola svuotacoglioni”. Al limite della lussuria, gli piantarono dentro, in contemporanea, ambedue i loro grossi cazzi, finendo inesorabilmente di sventrarlo. Il primo a venire fu zio Aurelio, facendogli ingoiare il suo carico fino all’ultima goccia, seguito dall’amato William che, eccitato anch’egli dalla situazione, gli fece conoscere il sapore diverso e più dolce del suo succo di minchia. Poi fu il turno di Germano, che con un “Ti riempio le budella, puttana”, si svuotò le palle e il cervello di una quantità incredibile di calda sborra, come non gli capitava da tempo.
Con grande piacere del neo frocio, per tutta la notte i tre fecero di quel piccolo corpicino lo scarico di tutti gli umori dei loro coglioni, riempiendolo all’inverosimile.

La mattina successiva i due ragazzi dormivano l’uno accanto all’altro, nudi, sul grande letto. William aprì gli occhi per primo e rimase ad osservare Guido. Sembrava un puttino barocco, tenero ed innocente, lontano anni luce da quello che aveva fatto la sera prima. Appena si svegliò…
“Buon giorno amore. Dormito bene?”
“Si, molto. Solo un po’ di dolore qui” e si mise una mano sul sedere.
“Scusami… io non sapevo che mio padre e mio zio erano qui. Mi dispiace per quello che è successo. Ti hanno fatto male?”
“Beh, si, ma non ti devi scusare per quello, lo so che tu non c’entri. Solo che… però non mi hai difeso anzi, hai partecipato anche tu”.
“E’ vero. Però all’inizio ero rimasto scioccato dalla situazione, poi mi è sembrato che ti piacesse”.
“Hai ragione. Non so perché ma mi è piaciuto essere usato in quel modo da due uomini grandi come loro. Nulla a che vedere col sesso che avevo fatto con te”.
“Vuoi che anche io mi comporti così con te?”
“No, credo di no. Con te è diverso. Con te non è stato solo sesso. Era…”
“Amore. Quello era amore. Perché io ti amo”.
Guido sorrise e si gettò ad abbracciarlo. “Anche io ti amo. Spero che tu però non te la sia presa perché mi sono piaciuti anche loro. Non so perché”.
“Perché, in fondo, hanno ragione. Tu sei troia e ti piace il cazzo, specialmente se te lo danno con forza. Ma non ti preoccupare, non me la prendo, non sono geloso. Se tu darai l’amore solo a me, potrai fare sesso con altri quanto vuoi”.
“Dici davvero? Sei grande! Più ti conosco e più ti amo. Prometto che, d’ora in poi, affiderò il mio amore solo a te e la mia troiaggine agli altri”.
“Parli di mio padre e mio zio?”
“Di tutti gli altri che mi capiteranno” e scoppiarono in una risata.

In quel momento entrarono nella stanza i due uomini. Parlò Germano, il padre di William.
“Siete svegli? Bene. Volevamo scusarci con te, Guido. Ci siamo fatti prendere dalla lussuria senza ragionare. A noi uomini, davanti ad un corpicino bello come il tuo, ci sale il sangue in testa e vogliamo prenderti e sfogarci su di te. Ne abbiamo parlato e ti promettiamo che non lo faremo più e, da padre, vi lascerò tranquilli a vivere il vostro amore”.
“Grazie signor Germano e signor Aurelio, abbiamo parlato anche noi e ammetto che, in fondo, è piaciuto anche a me, quindi non avete di che scusarvi”.
“Infatti, la qui presente puttanella è ben felice di farsi sbattere da voi o dai vostri amici ed io, che voglio il suo bene, ve lo concedo perché mi ha promesso che farà l’amore, quello vero, sono con me”.
“Se le cose stanno così, ne siamo molto contenti, vero Aurelio? Festeggeremo il vostro fidanzamento alla grande. Pranzo al ristorante con gli amici e poi tutti in una bella orgetta con te vittima sacrificale. Ok cucciolo?”
“E dal sacrificio nascerà un nuovo Guido, ancora più troia. Giusto?”
E giù, una grande risata collettiva.
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